Marquez
Pop songs per cani bastardi innamorati
Mi chiamo Andrea. Nel 1981 ho appeso in camera un poster dei Kiss anticipando una serie di problemi adolescenziali alla mia famiglia. Assolutamente non loquace, decisamente scarso al gioco del calcio, ho ben pensato che avrei scritto delle canzoni e dopo aver ricevuto in regalo una chitarra da 50.000 lire ho subito incominciato a provarci. Dal 1987 ho realizzato alcuni dischi miei, prodotto tanti dischi altrui e lavorato al fianco di molti artisti nazionali ed internazionali che stimo. Nel frattempo sono morti quasi tutti i Ramones, è schiattato il “rock italiano”, sono tornati di moda i pantaloni corti con le Clark’s e sono entrati in scena i nuovi “cantautori italiani” con vestito giacca e cravatta. Oggi, stretto in quest’angolo di ring-provincia, continuo a combattere con la necessità di fare-la-musica fuori dai crismi del professionismo dei dischi stampati e la novità è che incomincio ad incassare benone.
LO STATO DELLE COSE
Da dove bisogna partire? “Dal punto più drammatico della messa in scena, quando tutti si aspettano che la sceneggiatura abbia uno slancio risolutore verso i tre/quarti della sua durata e invece non succede niente, si può solo guardare sempre più a fondo, fino a scavare dentro a ogni singolo dettaglio del quadro, fino a che se ne riescono a sentire gli odori e non si può che diventarne parte”.
Da qui, da un’urgenza espressiva e compositiva che stringe come un pugno allo stomaco, che esce fuori come un grido di dolore, nasce il nuovo disco di Marquez, moniker dietro cui si cela la voce di Andrea Comandini, una voce intensa della scena indipendente romagnola. Produttore, compositore e polistrumentista, prima negli anni ’90 con gli MWB (di cui si ricorda in particolare il disco del 1998 Zobia blu, prodotto da Omar Pedrini), e poi dal 2004 con questo progetto dal titolo letterario, Comandini, seppur schivo dal punto di vista mediatico, si fa conoscere e apprezzare dalla critica di settore, pubblicando tre album (L’incredibile storia del malinteso tra il Dottor Poto e la Banda dell’acqua minerale, Il rumore migliore e Figlio del Diavolo) e un EP (L’anno del toro).
A quattro anni di distanza dall’ultima fatica discografica, esce l’11 aprile nei digital stores e in una speciale edizione limitata “Lo Stato Delle Cose”, un lavoro autoprodotto registrato dentro quattro pareti domestiche sulle colline di Cesena che ha un sapore intimo e familiare.
Come nei suoi precedenti lavori, la parola, con la sua forza evocativa, sta al centro di questo nuovo progetto in studio, che attinge dal repertorio rock classico, per spaziare fra diverse sonorità.
Il risultato sono 13 tracce in bilico tra pop e rock, che vedono l’alternarsi di ballate melodiche a tratti sofferte (Altrochè Milano, Ballata per questo settembre, Orsa minore), brani rock dai ritmi più graffianti (L’errore più grande, Invisibile), e pezzi dal piglio irruento e incalzante (Il nero denso dentro gli uragani), dove l’intensità lirica è graffiata da incursioni psichedeliche (Sirena muta, Di quando invece provai a volare).
Un songwriting lucido e disincantato, intenso e mai banale, dipinge storie e immagini legate a doppio filo con la vita e le emozioni di Marquez, che scopre le carte rivelando tematiche intime, ma sempre universali.
Scritto e composto da Andrea Comandini (voce, piano, chitarre, percussioni, harmonium, sintetizzatore), suonato insieme a Michele Bertoni (chitarre, batteria, percussioni, sintetizzatore) - che ha anche curato la produzione artistica - e Fabio Ricci (basso elettrico, sintetizzatore, contrabbasso, harmonium, flauto), questo disco si presenta in una dimensione di demo dalle sonorità lo-fi, che è una scelta voluta. C’è una ricerca stilistica, dietro a questo progetto dal sapore “casalingo”, un’intimità creativa che volutamente non è stata snaturata.
E’ un gesto lucido di sfida, malinconico e furioso, da parte dell’autore. Una provocazione, una sorta di rottura rispetto a tutto ciò che è di immediato ascolto e di facile produzione.
Questa rottura viene espressa, a livello sonoro, anche dall’utilizzo dell’elettronica, che, già dall’album precedente di Marquez, entra in studio diventando una componente complementare del progetto musicale.
L’elettronica è rumore, il rumore è rottura, è elemento di disturbo che rompe l’equilibrio fra uomo e natura. E’ il suono della città, il ronzio che ci stordisce mentre stiamo seduti di fronte ai monitor dei nostri “terminali”. “E’ l’esistenza dell’imperfetto, la comprensione dell’errore contro le gabbie serrate di una società voluta dagli uomini, che non rappresenta gli uomini stessi”, spiega Marquez.
“La musica mi stringe sotto lo stomaco. La scrittura per me è dolore - continua - È un luogo di verità, ché la verità è dolorosa e il dolore è quanto di più vero ci sia al mondo. È il racconto intimo di me stesso a me stesso, una confessione, è il momento in cui esisto davvero, quello in cui, se sento chiamare il mio nome, io rispondo”.
Lo Stato delle Cose? E’ quindi un rifugio, fatto di minuscoli pezzi di cuore, fegato, polmoni e occhi. Una casa sull’albero. Una barca nel mare in tempesta.
Al disco hanno partecipato anche diversi artisti della scena romagnola, conosciuti e apprezzati anche nel panorama artistico nazionale: Diego Sapignoli (Sacri Cuori, Aidoru, alla batteria e percussioni in “Invisibile”), Enrico Farnedi (Good Fellas, Rico & The Undertakers, arrangiamento archi in “Orsa minore”), Paolo Gradari (64 Slices of American Cheese, Amycanbe, al sax in “Altrochè Milano”), Simone Marzocchi (Teatro delle Albe, Johnny&Mongo, Filomela, 64 Slices of American Cheese, tromba in “Uno scherzo del mare”), Dario Giovannini (Aidoru, pianoforte e sintatizzatore in “Ballata per questo settembre”), Enrico Malatesta (Teatro Valdoca, percussioni in “Su una diligenza”), Gioele Sindona, Teresa Tondolo, Emma Erdas e Viola Mattioni (archi in “Orsa minore”), Luca Comandini (percussioni in “La deriva dei continenti”).
Contatti
Video
Commenti
autore: | Andrea Comandini |
---|---|
creato: | venerdì 30 dicembre 2011 |
modificato: | mercoledì 28 settembre 2016 |