Sumar
Compositore | Stefano Savini |
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Esecutore | S. Savini |
Data esecuzione | 01/01/2006 |
Luogo esecuzione | Bubano (BO) |
Etichetta | S.S01 |
Produttore | S.S |
Data di pubblicazione | 2006 |
Genere | Jazz |
Provenienza | Stefano Savini |
SUMAR2006
1. Fuso
2. 2 x 1
3. Spre
4. L'ora
5. Liaison # 2
6. Massa
7. Sumar
8. Nodi
9. Danza scura
10. Angiulì
Stefano Savini – chitarra classica, chitarra 12 corde, chitarra elettrica, basso, piano, tastiere cavaquinho, drum loops, percussioni, fischio e cori
Troviamo brevi racconti di vita, immagini, sensazioni, nelle dieci tracce che compongono "Sumar", primo lavoro solista di Stefano Savini, chitarrista di raffinata ecletticità musicale, in cui in impulsi diversi convivono molteplici formazioni ed esperienze musicali, originando sovente una particolare espressione stilistica che si evidenzia nelle peculiarità polimorfe delle sue composizioni. Nell'album , da lui interamente composto ed eseguito, facile è percepire un senso di allontanamento rispetto all'idea del cosiddetto genere musicale, inteso come mera limitazione espressiva.
Numerose a questo proposito le intenzioni, ora jazzistiche ora classiche, sino ad arrivare ad influenze tipicamente contemporanee, non solo riferite ad un punto di vista prettamente armonico, ma caratterizzato della stessa scelta nell'utilizzo di strumenti elettronici quali sintetizzatori o drum loops. Secondo la scelta l'artista indirizza il proprio viaggio creativo in spazi profondamente autonomi ed individuali, libero di raccontarsi e raccontare.
Palese esempio di quanto accennato è la breve titletrack "Sumar", nell'intenzione di rappresentare un netto punto di frattura rispetto alle sobrie e ben calibrate armonie presenti nel cd. Qui la linea melodica di Savini si introduce distorta, irregolare, traendo ispirazione da una sorta di impetuoso moto interiore, rigettando note in dissonanti escursioni.
Indicativa in tal senso è "L'ora", brano che si intrattiene inizialmente tra sonorità caute, scure, eppure proprie di un disegno non privo di nitidezza, ma forse è questa stessa che inquieta. E, sopra voluminosi giri di accordi, lentamente si schiude una lirica leggera, nostalgica, via via sempre più energica, sino a creare una scissione sempre più marcata all'interno della traccia stessa, segnata da una continua ascesa a cui l'autore preferisce non dare una fine, bensì una scia.
Il complessivo disegno armonico, infine, potrebbe apparire frammentario, eterogeneo, nel momento in cui si percepisce ogni brano come chiuso in sé dalla propria univocità, dal proprio perché. Così non è: il dinamismo instabile, espresso talvolta in duttile ed intelligente fisica semplicità al piano o chitarra, non segue schemi prefissati ma un pathos davvero personale e coinvolgente.
Fabrizio Ciccarelli
Critico musicale e direttore artistico
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creato: | mercoledì 28 luglio 2010 |
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modificato: | mercoledì 28 luglio 2010 |